
Il Mini-Mental State Examination (MMSE) è uno strumento di screening neuropsicologico ampiamente utilizzato per valutare lo stato cognitivo di una persona. Pubblicato per la prima volta nel 1975 da Marshall F. Folstein, Susan E. Folstein e Paul R. McHugh, il MMSE è diventato uno standard di riferimento rapido e pratico per identificare e quantificare il deterioramento cognitivo, in particolare nei contesti clinici e di ricerca legati all’invecchiamento e alle demenze.
La sua popolarità deriva dalla brevità, dalla facilità di somministrazione e dalla capacità di fornire una misura quantitativa globale di diverse funzioni cognitive. Nonostante non sia uno strumento diagnostico definitivo, il MMSE si rivela prezioso per identificare la necessità di valutazioni neuropsicologiche più approfondite e per monitorare i cambiamenti cognitivi nel tempo.
Il MMSE è composto da una serie di domande e compiti che valutano alcune tra le principali aree cognitive, quali l’orientamento, la memoria immediata, la capacità di attenzione e calcolo, la memoria a breve termine, le diverse abilità linguistiche e prassiche.
Il punteggio totale del MMSE varia da 0 a 30, dove un punteggio più alto indica una migliore funzione cognitiva. I punteggi vengono generalmente interpretati in base a cut-off che suggeriscono diversi livelli di deterioramento cognitivo, sebbene questi cut-off possano variare leggermente a seconda dell’età, del livello di istruzione e del background culturale del paziente. Orientativamente, punteggi tra 24 e 30 sono considerati normali, punteggi tra 18 e 23 suggeriscono un deterioramento cognitivo lieve, punteggi tra 10 e 17 indicano un deterioramento cognitivo moderato e punteggi inferiori a 10 suggeriscono un deterioramento cognitivo severo.
È fondamentale sottolineare che il MMSE è uno strumento di screening e non uno strumento diagnostico in senso stretto. Un punteggio basso al MMSE suggerisce la presenza di un potenziale deterioramento cognitivo, ma non indica la causa sottostante. Diverse condizioni mediche, neurologiche e psichiatriche possono influenzare le prestazioni al MMSE. Pertanto, un risultato anomalo deve sempre essere accompagnato da una valutazione clinica più dettagliata. In alcuni casi, ad esempio, si osserva che il paziente nel corso del tempo “migliora” la sua prestazione al Mini Mental a distanza di qualche mese. Poiché il processo dementigeno è non solo irreversibile, ma corrispondente anche ad un progressivo peggioramento del funzionamento cognitivo della persona, è evidente che tale apparente progresso è dovuto ad un errore di misurazione (di norma laddove l’esito è stato peggiore). Ciò può essere ad esempio dovuto al fatto che il paziente al momento della prova fosse sopito o poco motivato o sotto l’influenza di qualche farmaco. Per questo motivo, anche di fronte a risultati molto negativi al test (tanto che il professionista riporta che esso “non è somministrabile”), questo viene comunque riproposto dopo alcuni mesi.
Nel corso degli anni, sono state sviluppate diverse modifiche e versioni alternative del MMSE per affrontare alcune delle sue limitazioni (il cut-off più adeguato a distinguere una situazione di deficit, ad esempio, sembra corrispondere al punteggio di 26, più che di 24). Tra queste possibili alternative, ricordiamo in particolare il Montreal Cognitive Assessment (MoCA), uno strumento di screening più sensibile per il rilevamento del deterioramento cognitivo lieve, che include una valutazione più approfondita delle funzioni esecutive e visuospaziali, pur essendo altrettanto “veloce”, dal punto di vista della somministrazione. Tuttavia, la diffusione del Mini Mental è tuttora talmente ampia che i servizi, le cartelle cliniche informatizzate, ecc. tendono il più delle volte a richiederlo, quale facile mezzo di comunicazione tra professionisti.
Il Mini-Mental State Examination rimane uno strumento prezioso e ampiamente utilizzato per lo screening del deterioramento cognitivo. La sua semplicità, rapidità di somministrazione e capacità di fornire una misura quantitativa lo rendono uno strumento utile in diversi contesti clinici e di ricerca. Tuttavia, è fondamentale interpretare i risultati del MMSE nel contesto clinico globale del paziente, tenendo conto delle sue limitazioni e considerando l’utilizzo di valutazioni neuropsicologiche più complete quando necessario. Il MMSE rappresenta solo un primo passo importante nell’identificazione e nella gestione del deterioramento cognitivo, contribuendo a migliorare la cura e la qualità di vita delle persone che si trovano in questa condizione.
Emilio Franceschina
psicologo psicoterapeuta
Direttore di Casa don Luigi Maran